Data | 18-10-2019 |
Categoria | Cultura |
Fonte | Enrico Baroncelli |
Come ci ricorda Piefranco Mastalli, autore di una ricerca piuttosto interessante pubblicata alcuni anni fa sul partigiano Francio, nella vita Francesco Magni di Introbio, professore in Lettere che aderi' giovanissimo alla Resistenza, e morto in circostanze misteriose (probabilmente annegato) sul Lago di Mezzola nel 1947, a Introbio si comincio' abbastanza presto a pensare di commemorare i partigiani uccisi nella rappresaglia nazi-fascista dell'Ottobre 1944.
Come ricordato anche da Gabriele Fontana, autore di "Anni difficili in Valsassina", la rappresaglia era dovuta anche all'attentato compiuto il 4 Settembre 1944 contro l'auto di un gerarca fascista, Luigi Gatti, che soggiornava a Cremeno ma operava a Monza. Nell'attentato, diretto da Angelo Villa detto "Fiorita" (poi catturato e morto a Mathausen) compiuto a una curva tra Maggio e Balisio, rimasero uccisi l'autista di Gatti (che per sua fortuna era rimasto in albergo) la moglie del gerarca e una povera ragazza a cui era stato dato un passaggio, Teresa Scaccabarozzi.
La fucilazione fu compiuta davanti al cimitero di Introbio, e nel 1946, come dimostra la lettera di Francio (il quale era stato a sua volta catturato e torturato dai fascisti, ma poi venne rilasciato), lettera inviata all'Anpi, ci si adopero' sia per costruire una lapide alla memoria, su progetto dell'ing. Amigoni di Lecco, sia per dare una degna sepoltura alle vittime della rappresaglia.