Data | 21-01-2019 |
Categoria | Cultura |
Fonte | Enrico Baroncelli |
Nel 2002 il sottoscritto per il Provveditorato di Lecco e il bravissimo Mauro Rossetto per i Musei Civici lecchesi organizzammo a Lecco un convegno molto interessante sulla tematica degli alpeggi.
L’argomento naturalmente riguardava moltissimo la Valsassina (oltre che la vicina Valtellina) e tra le tante relazioni quella che più mi colpì fu quella dell’allora Direttore del Museo Civico di Como Lanfredo Castelletti.
Questi, qualche anno prima, all’inizio degli anni ’90, aveva organizzato una ampia ricognizione archeologica nella Valle di Biandino, ed aveva ritrovato un teschio di circa 10.000 anni fa, che insieme a quello ritrovato presso la Gola di Balisio di epoca contemporanea dimostrava che la Valsassina era tra i più antichi territori abitati della provincia di Lecco (anzi, il più antico).
Due cose molto interessanti disse Castelletti in quella occasione: la prima era che la valle di Biandino una volta era piena di boschi, anche sulla sponda sinistra per chi provenga da Introbio. Oggi ci appare brulla e spoglia perché gli alberi che c’erano sono stati bruciati probabilmente per far funzionare degli altiforni, dove cuocere il materiale estratto nelle miniere: si cominciò a estrarre ferro già, soprattutto intorno al Lago di Sasso, in epoca romana, e poi più intensivamente nell’età moderna tra il XVI e il XVIII secolo.
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